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Negli ultimi mesi ho partecipato al progetto “A scuola per conoscerci” promosso da Arcigay Arcobaleno ODV.

Di Francesco Codagnone.

Negli ultimi mesi ho partecipato al progetto “A scuola per conoscerci” promosso da Arcigay Arcobaleno ODV.

Una o due mattine la settimana, accompagnato da una psicologa e da altrə volontariə, siamo andati nelle classi medie e superiori di alcune scuole di Trieste, per condividere assieme due ore in cui parliamo di cosa significa far parte della comunità LGBTQAI+, di coming out, di amore, talvolta di sesso, di bullismo e di omolesbobitransfobia.

Non tutte le scuole e non tutte le classi hanno aderito, ma sono molte, e a volte ho fatto le capriole per partecipare a più incontri possibile e avere il tempo di lavorare, leggere – scrivere mail – pensare alla casa, agli affetti, alla mia vita. Sono classi diverse: licei classici o scientifici, scuole professionali, classi numerosissime o piccoline, classi di soli ragazzi o sole ragazze, adolescenti o preadolescenti, chiacchieroni o timidi.

Il progetto.

Iniziamo presentandoci: chi siamo, quanti anni abbiamo, con quali pronomi preferiamo farci chiamare. La psicologa spiega cosa fa parte della nostra identità: sesso, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale. Cosa significa fare coming out, che è importante farlo quando ci si sente pronti, con chi si vuole, senza fretta, e la differenza con l’outing, e che quest’ultimo è sbagliato e può ferire. Cos’è il bullismo, l’omofobia, l’isolamento sociale. Che è importante intervenire quando si è testimoni. Far sentiti amati e accettati i nostri amici.

Poi la psicologa fa un passo indietro, la scena diventa mia e dei ragazzi e delle ragazze che quel giorno sono al mio fianco.

Rispondiamo alle loro domande, anonime o meno, scritte su un pezzetto di carta o pronunciate a voce alta. Quanti anni hai – ventisei. Quando hai capito di essere gay – a sedici anni, perché mi ero preso una cotta imbarazzante, ma lo sapevo già tanto tempo prima. Come hanno reagito i tuoi amici – non hanno mai vacillato, mai un secondo, mi hanno amato quando non sapevo cosa significasse essere amati.

Come ha reagito la tua famiglia – interrogandosi. Hai mai subito bullismo – per tanti anni, per tutte le scuole medie, per parte del liceo, molti non ricordano più di avermi ferito, io li ho perdonati. Come ti sentivi – confuso spesso, solo ogni giorno, non pensavo sarei mai stato felice. Come ti senti ora – felice spesso, sereno quasi sempre, consapevole ogni giorno. Sei innamorato – sì, tantissimo.

Qual è il tuo colore preferito – il blu, il colore del cielo. Vorresti sposarti – richiedimelo tra qualche anno. Vorresti dei figli – non posso. Credi in Dio – no. Cosa ne pensi dei sex toys (giuro, me l’hanno chiesto davvero) – usateli, divertitevi, esplorate, ma comunicate sempre con la persona che avete a fianco! Hai una relazione – sì! Perché sei qui stamattina – perché mi fa star bene ed è importante.

Arriva sempre quel momento. L’unico momento che temo: quando incrocio quello sguardo. Quello sguardo curioso, timido, spaventato, imbarazzato. Quello sguardo che era anche il mio.

ragazzo che guarda verso l'alto

Cosa diresti ad un ragazzo che sta per fare coming out? Cosa ti direi. Ti direi che ti prometto che, anche se ti sembra che sia tutto sospeso, difficile, se ti sembra impossibile compiere diciotto anni, poi venti e ventisei, se ti sembra impossibile vivere quello che vivono i tuoi amici, innamorarti, fare sesso, star male per sciocchezze, essere felice senza motivo, diventare adulti, studiare, trovare un lavoro, essere chi sei e allo stesso tempo come tutti gli altri, ti prometto che “la vita, eventualmente, arriverà”. Con la gioia e il dolore che porta in essa. Con tutti gli amori sbagliati e giusti che vorrai.

Arriverà la vita e vivrai.

Esco dalle aule stanco, stanchissimo, ma molto sereno. Porto come me quello sguardo, il fatidico sguardo, mi rimane addosso per tutto il resto della giornata, a volte anche di più. Porto con me le loro domande e la loro curiosità, ma soprattutto il loro entusiasmo.

Vorrei che vedeste il loro sguardo. La loro gioia e il loro sorriso quando mi salutano. La loro gratitudine per aver avuto la possibilità di parlare liberamente di quello che li preoccupa e di quello che non conoscono. Di quello che per loro è normale eppure, purtroppo, può spaventarli. Il loro sguardo stupito e sollevato, gioioso, quando parlo loro della mia vita, dico loro che sto bene, che sono felice, quando li faccio ridere.

Quando capiscono che c’è uno spazio anche per loro, solo per loro.

cartellone pride

Vorrei vedeste il loro sguardo, quello sguardo terribile e bellissimo che tanto mi spaventava e talvolta mi spaventa ancora. C’è tanto dolore, tanta paura, tanta speranza, tantissimo amore. Non c’è nient’altro. Non vedetevi nient’altro.

Parlate con i vostri figli e con i vostri amici, ascoltateli, fateli sentire amati.

Francesco Codagnone

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